ELEONORA ROSSI

Ouroboros

Le opere, realizzate per questo nuovo ciclo espressivo, nascono da un percorso biografico dell’artista che la vede viaggiare, per alcuni anni, tra le più significative isole del Mediterraneo. La mostra espositiva si basa sul dialogo tra alcuni dei media che Rossi sente più affini alla sua poetica e che utilizza per conoscere e approfondire certi temi direttamente correlati con i luoghi visitati.

Primo fra tutti il legame tra l’uomo, il luogo e la memoria. Le isole, soprattutto per la loro posizione strategica in termini di passaggio commerciale marittimo, si fanno scrigno di tesori archeologici che riemergono ciclicamente dai fondali delle loro coste come memento di un passato che è sempre presente e parte di noi ma al quale spesso dimentichiamo di appartenere. Questo ouroboro, apparentemente immobile ma in eterno movimento che è il tempo dell’esperienza della vita sulla terra, ci ricorda l'energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine, simboleggia quindi la totalità del tutto, l'infinito, il tempo ciclico, l'eterno ritorno. Il video come mezzo espressivo è quello che meglio incarna nella sua natura tecnologica e fluida, questi concetti. Anche la fotografia e la pittura, oltre che per i loro contenuti, si fanno mezzo espressivo che integra il concetto di tempo molto caro all’artista: il tempo della percezione della realtà che ci circonda, il tempo di esecuzione che trasporta l’immagine della visione dell’opera dalla mente, al corpo, al gesto. Il tempo di fruizione del pubblico che esperisce l’immagine.

Il secondo tema affrontato con questo ciclo di opere, è sicuramente l’aspetto misterioso che accompagna l’idea di isola sottolineato inoltre da una visione prevalentemente notturna, che abita quello spazio temporale in cui la luce potente e salvifica del sole inizia a calare e i contorni sempre così netti della luce mediterranea, vengono a farsi più labili fino a mancare completamente e rendere le immagini fotografiche molto pittoriche per una mancanza di definizione e la pittura un susseguirsi di segni fluidi, labirintici dove il prima e dopo, l’anteriore e il posteriore si confondono (pur mantenendo un ‘impostazione di genere figurativo e quindi la riconoscibilità del soggetto). L’isola è quindi la notte, è la salvezza della terra vista dal mare che però racchiude in sé lo sconosciuto. L’isola è il vulcano, l’incertezza, il sonno interrotto dalla terra che trema.”

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NICCOLÒ MASINI

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